Coronavirus: la solidarietà del mondo del fashion

Non c’è solo frivolezza, vanità ed esclusività, nel mondo della moda e, in questo periodo di emergenza coronavirus che sta bloccando tutti i Paesi del mondo, l’anima solidale del fashion sta venendo fuori più folgorante che mai.

Già, perché se, da un lato, la regolare produzione del settore ha subito uno stop, dall’altro moltissimi brand hanno dato la propria disponibilità ad impegnarsi ad offrire supporto per la realizzazione di dispositivi medici e sanitari di ogni sorta, oltre che per veicolare raccolte fondi da destinare alla ricerca, agli ospedali e agli enti chiamati ad affrontare un momento così duro e particolare sotto tantissimi punti di vista; perché è l’intero sistema che sta venendo colpito indirettamente, un po’ come succede alle tessere del domino nel momento in cui la prima della fila perde l’equilibrio.

Mascherine e camici per tutti

È notizia delle ultime settimane che il Gruppo Mayhoola, di cui fanno parte marchi del calibro di Valentino e Balmain, ha donato 1 milione di euro all’ospedale Sacco di Milano ed altrettanti fondi alla Protezione Civile, mentre Gucci si è messa al lavoro per donare oltre 1 milione di mascherine chirurgiche e 55mila camici alla Regione Toscana che, trovatasi in difficoltà, aveva lanciato un appello a tutti i brand di produzione Made in Tuscany; anche Prada ha avviato la produzione di 80mila camici e 110mila mascherine per il personale sanitario della Regione.

Ancora, i colossi francesi Lvmh e Kering hanno dato disponibilità, rispettivamente, per 10 e 3 milioni di mascherine, ma c’è di più: Saint Laurent e Balenciaga, infatti, hanno deciso di seguire questo trend anche nell’ottica di tutelare la salute dei propri dipendenti.

Restando in Europa, il gruppo spagnolo Inditex, che ingloba, tra gli altri, Zara e Oysho, è impegnato in una produzione di mascherine destinate agli ospedali di casa propria che riceveranno anche altre due milioni di unità da parte di Mango.

Anche la popolare etichetta H&M ha trasformato la sua manifattura in un hub per la produzione di mascherine e camici.

Crowdfunding

Con la nascita del COVID-19 Solidarity Response Fund tutto è diventato logisticamente più facile per far confluire in modo pulito e sicuro le donazioni di denaro: Gucci, ad esempio, ne ha approfittato per donare – oltre al materiale già elencato precedentemente – 1 milione di euro proprio a questo fondo, destinando una cifra equivalente, poi, anche al Dipartimento della Protezione Civile.

Dal canto suo, il Gruppo Armani ha convertito tutti i propri stabilimenti produttivi nazionali per la produzione di camici monouso e ha donato somme ingenti a favore degli ospedali milanesi, dello Spallanzani di Roma e di quelli di Bergamo, Piacenza e della Versilia, per un totale cumulativo di 2 milioni di euro.

La filiale italiana di Chanel, poi, ha elargito una cospicua donazione complessiva di 1,3 milioni di euro (Protezione Civile Italiana, ospedale Sacco di Milano e Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo), ma da nominare sono anche la Tiffany & Co. Foundation, che ha ripartito un milione di dollari tra Organizzazione Mondiale della Sanità e The New York Community Trust’s NYC COVID-19 Response & Impact Fund, e la Ralph Lauren Corporate Foundation che ha stanziato 10 milioni di dollari a favore di diversi progetti volti ad arginare l’emergenza coronavirus, contemporaneamente avviando la produzione di 250mila mascherine e 25mila camici isolanti.

I brand e le realtà del settore della moda che meriterebbero una menzione d’onore sarebbero ancora tanti, tantissimi. Quello che ci auguriamo è che questo lavoro di squadra possa davvero diventare un elemento fondamentale nella lotta al covid-19 e a tutto il trambusto ed il dolore che si sta portando dietro.

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